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11 | ESORDIO INDOOR, UN PB, UNA FRATTURA

Lead Story

È passato un po’ di tempo. Colpa mia. Mi sono lasciato trascinare in basso dagli ultimi due mesi. Come lo zucchero appena versato sul caffè: all’inizio resta lì sospeso, prima di sprofondare trascinato dal suo peso. Un infortunio, l’ennesimo all’inizio della stagione, e ho perso la voglia di scrivere. Era stata una costante. Poi, basta.

Provo a rimettermi in pari. Un riassunto secco. Come quelle scuole di recupero tre anni in uno. Che poi, mi sono sempre sembrate una gran cagata.

Dunque, iniziamo.

Esordio Indoor

19 gennaio. Esordio indoor ad Ancona. Una meeting challenger del World Indoor Tour. Lo avevo accennato nello scorso episodio. Ero pronto. Nello zainetto mesi di lavoro fatto davvero bene. Ancora di più, una voglia matta di divertirmi e godermi l’adrenalina pura della gara. Quel desiderio di dimostrare a me stesso che rimettermi in gioco alzando l’asticella era una scelta giusta.

Corro. Terzo. 1:49.06.

PB indoor di mezzo secondo, al primo colpo dopo mesi senza gare. Buono ma non buonissimo. Mi aspettavo di esordire un po’ più forte, diciamo un tempo attorno a 1:48.5. Davanti a me, Pernici e Lazzaro, due cavallini di razza, in 1:47.61 e 1:47.79. Giovanni poi farà una stagione indoor da manuale. Titolo Italiano, esordio in nazionale assoluta agli Europei indoor, semifinale ai Mondiali. Chapeau.

Gestione tattica della mia gara? Secondo me molto buona. Gestione mentale della competizione? Lucida. Il lavoro di tre anni col doc Federico Caliri si sente. Sono maturo e consapevole. So cosa sta succedendo, in ogni momento della gara.

Un PB alla prima gara gasa. Mette fiducia.

Avevo in programma di correre in Belgio la settimana successiva, poi un altro meeting e infine i Campionati Italiani Assoluti. Potevamo crescere molto e l’idea di fare un mese intenso con quasi una gara ogni weekend mi faceva brillare gli occhi.

Chiudere la stagione indoor con un 1:47? Poteva starci. Anzi, credo fosse nelle mie corde. Però ci siamo fermati alla prima.

La mia gamba

Qualcosa aveva alterato l’equilibrio da inizio gennaio. Un fastidio, a volte dietro al ginocchio, a volte più su. Variava e lo gestivamo. Certi giorni sembrava pure risolto. Con i miei coach di Ultra abbiamo fatto tutto nel modo più professionale possibile per farlo rientrare senza fermarci. Ci serviva molto questa stagione indoor. Per il ranking e per rimettere la testa fuori dal guscio.

Casino.

martedì dopo la gara non sono riuscito nemmeno a fare jogging. Un dolore ad ogni appoggio, come un morso profondo dentro la gamba. Mi sono convinto che c’era qualcosa di serio che avrebbe richiesto di fermarci per curarlo. Negli anni ho imparato a distinguere tra fastidio e dolore: col primo puoi correre e gestire, col secondo ti fermi. Questa volta ho sbagliato perché i sintomi ci hanno portato fuori dal sentiero.

Pensavamo fosse una cosa breve perché gli esami strumentali non evidenziavano nulla di macroscopico, però dall’altro lato la gamba non guariva. Settimane tristi, noiose e soprattutto nervose perché stavamo facendo esami e valutazioni che non spiegavano in modo esaustivo ciò che sentivo in profondità nella gamba. All’inizio di marzo – finalmente – una TAC ha mostrato questa piccola frattura da stress al femore, in un punto decisamente anomalo, ormai in via di chiusura. L’ennesima frattura da stress.

Otto settimane senza corsa. Un’agonia. Un pitbull in gabbia. Un pilota senza moto.

Da quando abbiamo capito il problema, la guarigione è cambiata. Sarà anche un effetto placebo – lo so – ma il fatto è che corpo e mente sembrano aver finalmente capito cosa stava succedendo. Hanno accettato il colpo e, da lì, hanno iniziato a prendere la strada giusta per uscirne.

Allenamenti e prospettive

Otto settimane di lavoro alternativo. Bici, palestra, camminate. Noia mortale, ma meglio che stare fermi.

Ho cercato di concentrarmi su quello che potevo controllare. In teoria è un ragionamento lineare. In pratica è una situazione altalenante, specialmente nei giorni in cui il problema peggiora e ti senti tornare indietro. Come scalare una montagna e scivolare sulla ghiaia. Un passo avanti, due indietro.

Queste otto settimane mi hanno costretto a stare lontano dalla corsa per tutto febbraio e quasi tutto marzo. La cosa un po’ mi preoccupa perché credo che marzo e aprile siano mesi cruciali per costruire la stagione outdoor. Non aver corso non aiuta. Vedremo se anche questa volta siamo riusciti a dare gli stimoli giusti con gli allenamenti alternativi. Sono curioso di scoprire cosa verrà fuori.

La stagione outdoor è lunga. Arriveremo leggermente dopo, ma arriveremo. Nell’Episodio 03 mi sono fatto una promessa.

Voglio mantenerla.


Sono bastate otto settimane senza corsa perché il corpo iniziasse a dimenticare e cambiare completamente la percezione della fatica. I gesti della corsa diventano più estranei e meno sicuri. La capacità di controllare il corpo meno nitida.

Il corpo si adatta velocemente. Vale in un senso ma anche nell’altro. Se lo alleni, migliora velocemente; se smetti, si dimentica velocemente.

Fatica assurda per ritmi lenti. Movimenti goffi. Inefficienti. Come un pendolo che perde il ritmo per via dell’attrito dell’aria e degli ingranaggi poco oliati.

Un altro pensiero? Terzo giorno di ripresa. Stavo facendo un allenamento morbido di variazioni. Morbido si fa per dire perché il corpo bruciava dalla testa ai piedi. Nonostante fossi stato fermo per settimane e il desiderio di correre fosse altissimo, a metà allenamento il mio cervello chiedeva di fermarmi perché non voleva sopportare quella fatica. Meccanismo di autodifesa. Quando il corpo è alle strette, lui interviene per proteggere e mantenere l’equilibrio, non importa il contesto. Il cervello vuole che il corpo sopravviva nel modo più pacato possibile.


Questo blog è una specie di diario personale. Quindi ne approfitto per condividere qualche allenamento che faccio nel periodo che passa tra un episodio e l’altro. Alcuni saranno banali, già visti e rivisti in tanti altri coach e atleti, altri magari saranno innovativi e curiosi.

Siccome siamo in ripresa da una frattura al femore, c’è poco da fare i brillanti o i sofisticati perché bisogna gettare nuovamente le fondamenta. Perciò oggi, noia mortale.

L’allenamento

Pista. Scarpe A3. Forerunner 265. Fascia cardio. Tanta pazienza.

  • 10’ corsetta lenta (Z1)
  • Attivazione, stretching dinamico, mobilità
  • Andature tecniche
  • 12 x 400m, rec 50”-60” walking / jogging easy. Ritmo VAM. Recupero breve, così il cuore resta alto e, alla ripartenza, sale rapidamente a pulsazioni > 90% Fc_max.

Mi sono reso conto che i libri sono un aspetto importante della mia vita. Leggere cambia il modo di pensare e influenza il mio umore per diversi giorni. Vale per molti – credo – perciò condivido i libri che hanno piantato un semino che sta germogliando.

  • Come parlare in pubblico e convincere gli altri – Dale Carnegie
    E’ una sorta di guida che racchiude tante tecniche per superare la paura di parlare in pubblico, strutturare discorsi efficaci imparare a comunicare con le parole. Un pezzetto del libro dice questo: “Utilizzate parole che siano in grado di evocare immagini. L’oratore più facile da ascoltare è quello che fa fluttuare le immagini davanti ai vostri occhi. Le parole che richiamano alla mente delle immagini vive sono potenti. Dobbiamo imparare a disegnare immagini mentali che si stagliano chiare e nette.”
  • Le sette morti di Evelyn Hardcastle – Stuart Turton
    Non è un manuale e nemmeno una guida. È semplicemente un thriller geniale. Ho letto cinquecento pagine in quattro giorni. Ti aggroviglia il cervello. Dovrei rileggerlo per capire davvero come si è incastrato tutto.

#1 Gaia è tornata dagli States a metà marzo. Felice. Bello condividere le settimane, gli impegni, gli spazi. E quei momenti in cui si sta insieme, in silenzio. A far scorrere i pensieri, senza bisogno di parole.

#2 Nell’ultimo anno ho seguito con molta attenzione ciò che stanno provando a fare Mattia Gaffuri e la sua squadra, lo Swatt Club, nel ciclismo (un progetto che – secondo me – viaggia un po’ in parallelo col mio). Vi consiglio di dare un’occhiata. Sono storie di vita che meritano di essere lette e godute.

#3 Da Steve Magness: “Routine mattutina di un atleta élite: svegliarsi, bere acqua, mangiare una banana, sorseggiare il caffè, andare in bagno, uscire a correre. Routine mattutina di un bro che fa finta di essere un élite: bagno ghiacciato, esercizi di respirazione nasale, pila di integratori, maniacalità senza senso… poco tempo per il vero allenamento perché ha perso tempo con tutto il resto. Le routine sono utili. Ma dovrebbero servire a supportare ciò che fai, non diventare esse stesse l’obiettivo.”


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