Lead Story
Ore in pista e in palestra, lavorando per dare una nuova forma a questo corpo, riportarlo a essere forte e competitivo. Ore seduto alla scrivania, dando struttura a questo progetto “Los Angeles 2028” per continuare a correre, rimandando ancora un po’ il tempo dei calcoli e dell’ingegneria.
Tante – mai abbastanza – ore con la mia Gaia, almeno nella prima metà di ottobre. Poi, il 14, è partita per un altro progetto di lavoro negli USA. Da allora le ultime settimane sono trascorse lente senza di lei. La presenza di Gaia si diffonde nei muri della nostra casetta, rendendola viva. Quando rientro dopo una giornata fuori, sento l’abbraccio della casa, sento i muscoli che si rilassano e il cuore che sussurra “casa”. E’ difficile da descrivere. E’ casa, punto. Entro e sento il suo abbraccio caldo che mi avvolge. Ora che G è via, la casa è vuota, la magia si indebolisce.
In generale sto bene. Il tempo in pista, le ore sul progetto, il lavoro su me stesso, stanno funzionando. Sento che sta nascendo uno Jacopo migliore. L’inizio del 2024 è stato l’opposto: l’infortunio mi aveva rinchiuso in un guscio di tristezza e incertezza. Il pensiero fisso sul fallimento di questo 2024 che sarebbe dovuto essere l’anno dell’all in, l’anno dei doppi allenamenti. L’anno in cui sfondare tutto.
Abbiamo iniziato la preparazione della stagione 2025 a luglio. Sono già passati quattro mesi. Onestamente la mia impazienza inizia a fare capolino. Voglio gareggiare, voglio riassaporare il gusto di quelle settimane dell’anno dove si spinge, dove si affilano le lame con i lavori di qualità.
Invece, ancora una volta, debbo avere pazienza.
Ottobre è stato un mix di corse lente e lunghe, forza in palestra a tonnellate, velocità, aerobici, allenamenti in soglia e lavori alla VAM. Detesto quest’ultima tipologia di allenamenti: soffro come un cane. Ma fare l’atleta è una scelta mia, e lo faccio. Sto imparando a navigare attraverso la sofferenza degli allenamenti più cattivi.
Sento che stiamo costruendo qualcosa di solido. Non sono radici deboli questa volta. Lo dimostra la mia continuità, la mia tolleranza a tutto ciò che stiamo facendo. Le sensazioni che provo ricordano quelle del periodo ‘magico’ vissuto nell’inverno 22-23. Allora, con coach Robi, avevamo trovato una serenità nel lavoro day-by-day, un equilibrio perfetto. Lavoro in Atos, allenamenti a distanza a tarda sera in settimana, lattacidi insieme al sabato a San Donato. Tutto mixato alla vita extra-atletica. Quella ricetta è stata la base solida della torta più buona mangiata fino ad oggi. Quell’inverno ci ha portati al famoso 1:46.57. Tutt’oggi ritengo questo crono folle considerate le condizioni al contorno.
Ecco, a distanza di due inverni, sento che ci siamo di nuovo.
Lesgosky 🤙
Come va il progetto extra pista?
Ho una certa ansia mischiata a preoccupazione per quello che mi aspetta. Gestire questo progetto ambizioso non è semplice. Il 2025 è una sorta di deadline. In ottobre terminerà la mia aspettativa in Atos e l’unica possibilità per continuare a correre così, da professionista, sarà con il supporto economico di qualche sponsor / azienda / imprenditore che creda in questa folle rincorsa a Los Angeles. Voglio che ci sia armonia in quello che faccio, che ci sia un equilibrio con i progetti di vita delle persone che mi circondano. Se tutto ciò non starà in piedi economicamente, a testa bassa chiuderemo baracca e burattini.
Mi sono accorto che in questo mondo, un ragazzo di 28 anni che crede in un progetto sportivo per i più non è un valore ma un peso. Spesso mi sento solo a remare contro una corrente che piano piano mi porta via. A volte ho paura di trascinare in questa corrente anche chi mi sta accanto per remare con me.
C’è un momento in cui devo diventare grande e smettere di giocare?
Per ora io ci credo e sono convinto di poter realizzare questo progetto. Ci sto lavorando giorno e notte. A volte sottraggo ore preziose al recupero dagli allenamenti più duri per dedicarmi a tutto ciò e mi chiedo chi o cosa abbia la precedenza. È un cane che si morde la coda.
Di una cosa sono certo: io vivo di atletica. In questo momento voglio quelle emozioni, voglio vivere della fatica degli allenamenti, dell’adrenalina di inseguire un sogno che sento così vicino e reale. Voglio vivere così, perché mi rende felice. Voglio giocare ancora un po’.
Pensieri veloci
#1 Un grazie sincero va a due persone che ho incontrato lungo questo cammino nell’ultimo anno: Martino e Sergio. Non hanno rivoluzionato la mia vita, ma hanno lasciato un piccolo seme che piano piano sta germogliando. Giorno dopo giorno mette radici profonde e cresce. I semi del lavoro e del valore, quando vengono piantati e curati, radicano in profondità. Entrambi mi stanno aiutando – consapevolmente e inconsapevolmente – ad uscire dalla mia zona di comfort e a mettermi in gioco per essere una persona migliore, dentro e fuori dalla pista di atletica. Ho capito quanto fosse inefficace il mio atteggiamento verso i miei progetti e verso gli altri, quanto fossi concentrato solo su me stesso.
#2 Sto imparando a dare prima di ricevere, ad interessarmi sinceramente agli altri, a fare un sorriso anche nelle giornate buie. Così tutto assume un colore diverso.
Il paradosso? Mi accorgo che è più semplice tenere questo atteggiamento verso persone che non conosco, mentre tendo a perderlo o a darlo per scontato proprio con le persone che amo di più.
Voglio assolutamente invertire questo trend.